lunedì 4 giugno 2012

Figli scarsi nello sport

Non tutti sono super dotati per lo sport. Capitamo anche bambini e ragazzi che hanno più difficoltà o che proprio non ce la fanno. Forse non è lo sport giusto per loro? A riguardo ho trovato molto interessante questo articolo del dottor Mauro Lucchetta pubblicato su "Lecco notizie" un quotidiano online della città di Lecco. Vi consiglio di leggerlo. Dopo aver sviscerato il tema della mente del campione negli scorsi interventi, in questa nuova rubrica approfondiremo un tema altrettanto caro agli sportivi, il tema dell’atleta… scarso! Fonte di molte battute e grandi ironie pungenti è in realtà un tema molto importante, soprattutto quando si ha a che fare con i bambini. Anzi, a dire il vero con i genitori. Spesso proprio questi ultimi “soffrono” per le vicissitudini del figlio: quando il figlio è portato per lo sport ecco che arrivano i sogni di gloria, la proiezione dei propri desideri mai realizzati, con il rischio di riempire di aspettative e pressioni il proprio ragazzo. Fin qui niente di nuovo, sono situazioni che si verificano molto spesso e quasi sempre è necessario agire da moderatori con i genitori. Ben diverso è il caso opposto, quando un figlio… “beh, non va…” “fa fatica…” “non c’è…” “sembra a disagio!”. Ecco quindi che l’attenzione del genitore non è più caratterizzata dal discorso dell’accrescimento delle abilità del ragazzo, quanto piuttosto sull’impatto emotivo che egli potrebbe subire nel vedersi non capace come gli altri. Da un certo punto di vista questo è il problema numero 1: siamo talmente abituati all’idea di eccellenza (e di predestinazione) che quando si verificano situazioni appena al di sotto la media si tende subito a svalutare oltre misura il risultato: se un bambino di 6 anni non sa palleggiare bene allora non sarà mai un campione! E’ come un macigno, quell’idea di “non essere portato” che poi si cristallizza e rimane lì quando invece anche il semplice buon senso potrebbe venirci in aiuto: con l’allenamento e tanta costanza spesso si assistono a dei miglioramenti radicali anche in persone che apparentemente non davano l’impressione di poterci riuscire. Per un bravo genitore non è sufficiente essere solo cosciente di questo processo ma è assolutamente indispensabile che trasmetta questa fiducia anche al proprio figlio. Far capire al bambino che non si deve soffermare troppo sul risultato odierno quanto piuttosto su un processo di crescita continuo nel tempo è la cosa più difficile del mondo (del resto i bambini vivono quasi sempre nel tempo presente) ma quando si riesce ad “arrivare” ecco che lo sport diventa realmente una metafora della vita: se nello sport puoi anche abbandonare, certamente non si può fare altrettanto con la vita (se non nei casi di atti estremi), invece perseverare alla ricerca di un miglioramento sportivo, seppur di poco conto, è un buon modo per allenarsi proprio alle intemperie dell’esistenza, al di là di tutto! Allo stesso tempo ciò permette di alzare la soglia della percezione del fallimento e stimola nel ragazzo il desiderio di continuare a provarci investendo maggiori risorse. Inoltre, se il figlio è contento di essere lì e svolgere quella specifica attività, non devono essere di certo i genitori ad insinuare dubbi o paure che magari appartengono al loro passato, ma che non fanno parte del bagaglio di loro figlio. Questa considerazione introduce il secondo aspetto da considerare: quello sociale. C’è il bambino che gioca solo per stare in gruppo, per vivere esperienze con i coetanei, magari anche solo per mangiare la pizza insieme dopo la partita! Fare quello sport gli piace, non sarà il migliore, ma è facile intuire le sue sensazioni: basta guardarlo in faccia e osservare che tipo di interazioni ha con i compagni sia in campo che fuori. Anche in questo caso è importante che le emozioni del genitore non vengano confuse quelle del figlio: non è il bimbo che sembra in difficoltà, spesso lo è il papà! Gli occhi (e le parole) degli altri genitori presenti sugli spalti sono gli ostacoli che deve spesso affrontare un genitore che vive questo tipo di situazioni. Lo sport nello sport: saper far fronte alle sfide fra i genitori. Il mio consiglio è uno solo: è il momento di vostro figlio, lasciateglielo vivere come meglio crede e siate promotori di una cultura della serenità, dell’errore che ci può stare e che ci deve stare, perchè imparare oggi serve per uno scopo più importante domani. Suvvia, è un gioco… http://www.lecconotizie.com/rubriche/psicologia-dello-sport/quando-un-figlio-e-scarso-nello-sport-61791/

Genitori e figli disabili nello sport

In questo forum di ability channel ho trovato una discussione che mi ha appassionato particolarmente perchè non ho mai avuto a che fare con disabilita nello sport. Vi consiglio vivamneto di leggerlo! Se qualcuno di voi ha qualche esperienza da raccontarci sarebbe molto gradito. http://www.abilitychannel.tv/topic/genitori-e-figli-disabili-nello-sport/

Punizioni nello sport

Quante volte sentiamo dire che quel bambino non viene ad allenarsi perchè ė in punizione? Non credo personalmente che sia una punizione utile per il bambino. Piuttosto condivido il fatto di ritirare il cellulare, computer o uno dei diecimila apparecchi elettronici, console che hanno i bambini del giorno d'oggi. Tenendo a casa il figlio, oltre che a rischiare che peggiori nello sport, si danneggia la squadra, nel caso di sport collettivi, e lo si lascia a poltrire sul divano o a giocare liberamente, senza che rifletta sul motivo per cui è stato punito. L'a.s.d semplicemente danza scrive: "I genitori NON devono limitare l'attività sportiva dei figli per punizione, anche se per cause esterne allo sport, perché la punizione ricade anche sui compagni di Squadra (o di Coppia). Tantomeno devono farlo per ripicca contro eventuali decisioni non gradite prese dagli istruttori. Questi atteggiamenti sono decisamente mal sopportati da tutte le persone coinvolte, istruttori in testa, e sono fonte di problemi non indifferenti soprattutto in quegli sport dove non esiste la "panchina"." http://www.semplicementedanza.com/genitori_e_sport.html

Genitori vs giudici

Mi capita molto spesso di sentire genitori che alla fine di una gara, magari andata male, addossino la colpa ai giudici o ufficiali di gara. Ecco un consiglio che ho trovato sul sito dell'a.s.d. Semplicemente danza. "I genitori devono rispettare le votazioni dei giudici (nel caso in cui la disciplina preveda questa figura) che sono insindacabili. Devono altresì tenere conto che in molte occasioni alcuni giudici sono alle prime armi, soprattutto nel settore amatoriale, e che sono esseri umani soggetti ad errori e non macchine perfette. Gli atteggiamenti di contestazione verso gli ufficiali di gara sono sanzionabili con pesanti ammende alle Società sportive, le quali possono rivalersi sui diretti responsabili in più modi, compresa l'espulsione." Prendersela con i giudici è di sicuro l'atteggiamento più sbagliato che si può avere quando una gara non va tanto bene. Può capitare la "giornata no" anche per dei bambini. Siete della mia stessa opinione? http://www.semplicementedanza.com/genitori_e_sport.html